Correva l’anno 1931 – 1961: Ascoltando le voci degli spazi

Gennaio 1961

 

Karl Jansky pioniere della radioastronomia

Karl Jansky pioniere della radioastronomia

Partiamo a 30 anni prima: era il 1931. In una fattoria abbandonata vicino a Holmdel, nel New Jersey, un giovane e brillante

scienziato dei Laboratori Bell, di nome Karl Jansky, aveva avuto l’incarico di indagare in merito a misteriosi rumori che interferivano sulle radiocomunicazioni. Una sera, improvvisamente, egli ricevette un disturbo che non aveva mai sentito prima di allora: questo disturbo era un qualcosa di intermedio tra un soffio, una scarica ed un sfrigolio; la notte seguente il rumore comparve di nuovo e così pure le notti successive, provenendo sempre dalla stessa direzione.

Parecchi mesi più tardi, quando Jansky riesaminò le sue accurate registrazioni, lo colpì un fatto stupefacente: ogni notte lo strano rumore era apparso 4 minuti prima della notte precedente. Con un rapido controllo su un libro di astronomia, la sua intuizione fu confermata: a causa della rotazione della terra intorno al sole, ogni notte le stelle compaiono in cielo 4 minuti prima che la notte precedente. Egli ebbe così la conferma che il misterioso suono proveniva dagli spazi celesti!

Le scoperte di Karl Jansky furono riportate in una pubblicazione scientifica, ma gli scienziati suoi colleghi non seppero comprenderne completamente il significato: Jansky fu costretto a continuare i suoi studi secondo la via normale e morì pochi anni dopo, prima che il mondo cominciasse a comprendere l’importanza del suo lavoro.

Tuttavia le scoperte di Jansky affascinarono Grote Reber, un giovane ingegnere che viveva a Wheaton nell’Illinois. Nelle ore libere questi costruì un’antenna a riflettore da 9 metri e cominciò a scrutare il cielo; con essa redasse poi la prima carta radio del cielo, isolando quelle che ora sono universalmente conosciute come le fonti dei più forti radiosegnali provenienti dallo spazio. Sopraggiunse poi la seconda guerra mondiale che provocò un rapido progresso nel campo dell’elettronica, in particolare nella costruzione del radar.

Veduta aerea del radiotelescopio di Mills Cross in Australia

Veduta aerea del radiotelescopio di Mills Cross in Australia

Nel febbraio del 1942, mentre in Gran Bretagna si attendeva con grande apprensione l’attacco dei Tedeschi, i radar inglesi furono improvvisamente paralizzati da un intensissimo rumore composto di sibili e scariche. Gli Inglesi, sicuri che i Tedeschi avessero trovato un mezzo per rendere inservibili i loro radar, si preparano a sostenere l’attacco che credevano imminente; l’attacco tuttavia non venne.

Più tardi il fisico J. Stanley Hey, accertò che il rumore proveniva non attraverso la Manica, ma attraverso l’universo. Fatti analoghi si verificarono anche in stazioni radar di altre parti del mondo.

Dopo la guerra, si cominciò a realizzare i primi radiotelescopi; essi erano ricavati da apparecchiature radar, perché il radar era a quel tempo l’apparecchio più sensibile che si potesse ottenere, e inoltre i radar residuati del tempo di guerra potevano essere acquistati a un prezzo irrisorio. Non appena si manifestò l’esigenza di apparecchiature migliori e più potenti, nacque una branca completamente nuova dell’elettronica: la radioastronomia!

I confini dello spazio – Prima che il radiotelescopio facesse la sua comparsa, gli astronomi potevano soltanto osservare le stelle entro il raggio ottico dei telescopi; il resto dello spazio veniva nascosto dalle nubi di polvere interstellare.

Tuttavia i radiotelescopi erano in grado di udire segnali che provenivano dal di là di queste cortine di polvere cosmica: perciò la radioastronomia ha svelato interi sistemi di stelle che prima erano sconosciuti. Inoltre i radiotelescopi hanno permesso all’uomo di sondare lo spazio fino ad una distanza di 7 bilioni di anni-luce, distanza più di tre volte maggiore di quella che i più potenti telescopi ottici possono raggiungere. I più grandi radiotelescopi attualmente in costruzione estenderanno la loro portata di osservazione fino a 40 bilioni di anni-luce, cioè fino ai confini estremi dello spazio!

Questi nuovi strumenti dovrebbero consentire agli scienziati di concludere una discussione teorica che dura da tanto tempo sulle origini dell’universo. L’universo forse non ebbe alcun principio, come dicono i sostenitori della cosiddetta teoria della “stabilità”, ed è sempre esistito quale noi ora lo vediamo? Oppure è esatta la teoria dell’espansione dell’universo? I sostenitori di una teoria recedente pensano che tutta la materia fosse, inizialmente, un solo enorme e densissimo corpo; però, millenni addietro, qualcosa lo fece esplodere. Gli attuali pianeti e le galassie che si muovono attraverso gli spazi, essi dicono, sono il risultato di quella esplosione. Quale di queste teorie è quella giusta? Il radiotelescopio può veramente rendere enormi servigi: se, per esempio, le galassie più distanti sono, come sembrano, meno addensate fra loro di quelle più vicine al centro, allora l’universo si sta probabilmente espandendo. Il ragionamento ci conduce a queste conclusioni: siccome la luce impiega bilioni di anni per provenire dai confini dell’universo fino a noi, le galassie che stanno verso i confini esterni non saranno viste da noi come sono attualmente ma come erano diversi bilioni di anni fa; d’altra parte se i radiotelescopi dimostrassero che le galassie sono distribuite abbastanza regolarmente attraverso tutto lo spazio, si avrebbe una conferma dell’esattezza della teoria della stabilità.

Riflettore primario del radiotelescopio osservatorio di Pulkovo in Russia

Riflettore primario del radiotelescopio osservatorio di Pulkovo in Russia

Vista sugli altri pianeti – I radiotelescopi inoltre sono usati nelle ricerche inerenti alla vita suglia altri pianeti in un piano di studi conosciuto con il nome di “Progetto Ozma”. Esso cominciò quando due giovani scienziati (Frank Drake e William Wallon, dell’osservatorio di radioastronomia di Green Bank) puntarono un’antenna parabolica di 26 metri verso due stelle vicine, la Tau Ceti e la Epsilon Eridani, e ascoltarono un insieme di segnali artificiali mescolati con il rumore naturale.

Drake, uno dei più illustri radioastronomi del mondo, pensa che si abbiano ormai buone possibilità per concludere un eventuale contatto radio con le vite esistenti nello spazio. Noi sappiamo che almeno alcune (ma probabilmente molte) stelle hanno pianeti abitabili simili al nostro: vi sono enormi probabilità che su alcuni di essi si sia sviluppata una vita nello stesso modo in cui essa cominciò sulla terra; su tali pianeti probabilmente vi sono esseri progrediti come noi, in grado di emettere radiosegnali.

Potremo ricevere presto queste trasmissioni? Si tratta ormai quasi di una questione di dimensione dei radiotelescopi che usiamo. Il Dr. Drake calcola che l’antenna da 26 metri che egli sta attualmente usando dovrebbe essere in grado di captare segnali artificiali provenienti da punti distanti da 10 a 20 anni-luce. Un’antenna da 180 metri, come quella che è ora in costruzione alla distanza di poche decine di chilometri dal luogo in cui Drake sta facendo i suoi attuali esperimenti, dovrebbe essere in grado di captare segnali provenienti dalla distanza di 100 anni-luce; entro questa distanza si trovano circa 10.000 stelle con relativi pianeti, e gli astronomi pensano che su alcuni di essi si trovino civiltà tecnicamente progredite come o più della nostra.

Probabilmente però, anche se sentiremo i segnali provenienti da altri pianeti, non lo sapremo che molti mesi più tardi: un segnale in arrivo sarebbe così debole che si perderebbe nel rumore di fondo (ricordiamo che occorse circa un anno di calcoli per confermare il nostro contatto radar con Venere avvenuto nel 1958). Probabilmente però le calcolatrici elettroniche ad alta velocità, che analizzano tutti i segnali ricevuti, isoleranno ogni trasmissione che non possa essere considerata distinta dal naturale rumore di fondo. Potremo noi infrangere la barriera della diversità di linguaggio esistente fra noi e altre civiltà? Gli scienziati che stanno lavorando a questo problema, pensano di sì. Essi ritengono che gli esseri che cerchino di stabilire contatti radio nello spazio potrebbero trasmettere impulsi codificati in qualche logico sistema che rappresenti costanti fisiche naturali, come ad esempio la velocità della luce; le nostre calcolatrici potrebbero fare un rapido lavoro nel decifrare un codice basato su tali logici concetti.

Però il decifrare i segnali è soltanto uno dei problemi che sorgeranno in questa che è la più strana avventura dell’uomo nel campo delle comunicazioni. Anche se i segnali vengono dai pianeti più vicini, le distanze interessate sono talmente grandi che occorreranno almeno 20 anni per poter rispondere ad una sola domanda. Se, come è più probabile, la vita verrà trovata ad una distanza di 50 anni-luce, occorreranno almeno 100 anni per ottenere la prima risposta.

Radiotelescopio in Sugar Grove

Radiotelescopio in Sugar Grove

Installazioni elaborate – Le apparecchiature usate attualmente nella radioastronomia sembrerebbero un sogno a Karl Jansky: i ricevitori odierni possono rivelare segnali che sono milioni di volte più deboli di quelli che captò il suo apparecchio costruito in casa; i maser ed altri apparecchi supersensibili sono attualmente capaci di ascoltare segnali che sono un milionesimo della milionesima parte di un milionesimo di watt!

Ingegnose apparecchiature isolano, identificano e misurano minuti segnali completamente sommersi nella sarabanda di rumori composti da fischi, scariche, soffi e gemiti che riempono l’etere. Mentre il radioastronomo di ieri ascoltava in una cuffia, o osservava il movimento di una penna che tracciava una esile linea su un foglio, lo scienziato di oggi sta seduto nel suo ufficio a preparare nuovi esercizi che il suo gigantesco telescopio compierà. Lo stesso telescopio, frattanto, si introduce nel settore di cielo che gli è stato assegnato, traduce in forma di numeri ciò che vede e invia i risultati in un cervello elettronico per una analisi ed una valutazione dei dati. Come per il contatto radar con Venere ricordato prima, i segnali ricevuti oggigiorno sono troppo complessi per essere riconosciuti ed analizzati da un operatore umano; di conseguenza, in questo campo le calcolatrici elettroniche sono state chiamate al lavoro.

Certamente la struttura che più di ogni altro colpisce, in un radiotelescopio, è la sua antenna. Essa può avere forme svariatissime. Il telescopio dell’Università dell’Ohio, per esempio, sembra un gigantesco rastrello con ciascun dente di quasi quattro metri avvolto in una spira di acciaio. Vicino a Sidney in Australia, vi è un radiotelescopio che ha la forma di una croce gigantesca avente ciascun braccio lungo più di 500 metri. Un apparecchio russo presso l’Università di Leningrado sembra una lunga barriera di tavole, ciascuna regolabile separatamente.

Il più grande telescopio orientabile oggi esistente si trova a Jodrell Bank vicino a Manchester, in Inghilterra. Esso è costituito da un piatto gigantesco del diametro di circa 76 metri, alto quanto una casa di 30 piani; esso è mosso da torri per cannoni di navi da guerra ed è montato su ruote di locomotiva poste su un binario circolare.

Radiotelescopio in costruzione

Radiotelescopio in costruzione

Telescopi futuri – Il più impressionante telescopio del mondo e anche il più grande strumento scientifico che sia mai stato costruito sarà il telescopio a piatto di circa 180 metri della Marina Americana, che è già in costruzione a Green Bank. Questo mastodontico orecchio di ascolto spaziale torreggerà da un’altezza di 66 piani; il suo piatto gigantesco sarà grande come lo Yankee Stadium di New York e l’intera superficie di maglia di alluminio riflettente sarà lavorata con la massima precisione. Siccome le contrazioni ed espansioni termiche e le distorsioni causate dalla pressione del vento e dal peso proprio solleciterebbero normalmente il riflettore deformandolo notevolmente, i tecnici hanno studiato un sistema per mantenere una superficie assolutamente inalterata in ogni circostanza: hanno ottenuto ciò dividendola in un gran numero di piccole sezioni e installando su ciascuna di esse dei servomotori individuali; nel piatto parabolico finito ciascuna sezione verrà assestata automaticamente ad ogni più piccola variazione di forma.

Radiotelescopi ancora più grandi sono in via di realizzazione. Non molto tempo dopo che l’antenna da 180 metri sarà entrata in azione, nel 1962, l’antenna gigantesca da 300 metri dell’Università Cornell in Puerto Rico, sarà prossima ad entrare in funzione. Questo mastodonte non potrà essere sostenuto con mezzi propri: la sua superficie concava verrà sistemata in una conca montana; la sua grandissima portata di funzionamento spingerà ancora più lontano le frontiere dello spazio. Tuttavia questo enorme riflettore soffrirà limitazioni che i normali radiotelescopi non presentano. I rumori radio creati dalla caduta di sostanze radioattive sulla superficie della terra sono stati per lungo tempo fonte di guai; inevitabile inoltre è anche la interferenza generata dallo strato di gas ionizzato che ricopre il nostro pianeta ad una distanza di parecchie centinaia di chilometri dalla superficie.

Tuttavia i radioastronomi pensano di avere già una soluzione a questo problema; essa è: un telescopio posto nello spazio! Tale telescopio non soltanto sarebbe immune dai disturbi della terra, ma sarebbe inoltre esente dalla gravità, dal vento, e dai mutamenti di temperatura. Quando potrà essere costruito un tale strumento? Sicuramente entro un tempo non lungo; esso consentirà forse di dare risposta alle domande che l’uomo si pone nei confronti dei problemi dello spazio.

Era il 1961.

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